giovedì 1 agosto 2013

Voglia di libertà



Sono agli sgoccioli. A parte il lunedì, che è sempre un buco nero, è da martedì che vivo come se fosse giovedì. Oggi che effettivamente è giovedì sono al capolinea. Penso che avrò un crollo psico-fisico entro stasera.
Sarà perché sono tutti in procinto di rispolverare pinne e boccaglio, mentre io, l’unica cosa che continuo a rispolverare è il calendario, peraltro tristissimo, sopra la scrivania?  Ebbene sì, si lavora anche la settimana prossima. Che sarà sicuramente la settimana più efficiente e performante dell’anno.

Ieri sera, arrivata a casa, ricordo solo di essermi tolta le scarpe alle 18.30 e di essermi risvegliata un’ora più tardi, completamente vestita, spappolata sul letto (ahia, se lo scopre la dolce metà mi fucila: “cooosa fai a letto con i vestiti tossici e virulenti che sono entrati in contatto con i batteri e tutto lo sporco mondiale?” In realtà la sua è una scusa bella e buona, perché ogni volta che entriamo in casa mi obbliga a fare un peep show in corridoio per spogliarmi da ogni elemento "infetto").

Oggi ho timbrato 1 ora, 8 minuti e 42 secondi in ritardo.
Che, in realtà, non è stata proprio una disgrazia perché, guarda un po’, era il giorno della palestra in pausa pranzo. Ma visto il ritardo da recuperare mi sono vista costretta, che peccato, a saltarla.

Il tesserino da timbrare è l’incubo della mia vita impiegatizia.
Ogni timbratura c’ha un suo peso emotivo.
Quella della mattina è la più sfidante: 55% di probabilità di non farcela ad arrivare in tempo (con la chiusura delle scuole e la temporanea dipartita dei marmocchi fortunatamente c’è più speranza).
Quella della pausa pranzo è la più agognata: impossibile non accorgersi quando arriva l’ora, i rumori dello stomaco scandiscono il countdown a partire dalle 11.59.
Quella del dopo pranzo è la più scettica: seeeee, vuoi dire che è già passata un’ora e mezza?
Quella della sera la più sospirata: non necessita di spiegazioni.

Questo per dire che
Nella mia vita lavorativa non importano le ore di straordinario né  i litigi col capo (“Ostinata. Sei troppo ostinata!” )
Non importano i lavori monotoni e ripetitivi né gli sforzi creativi comandati (“Voglio un’idea brillante entro un’ora. E, qualora non te lo ricordassi, un’ora non vuol dire due”).
L’unica cosa che importa è l’odio nei confronti della timbratrice. La mercificatrice del mio tempo. Quella che sembra non capire che ci sono giorni in cui  le idee si sfornano come fossero croccanti baguette, una dietro l’altra, e altre giorni che si sperimenta encefalogramma piatto.
Cara timbratrice, sei una stronza insensibile.

Photo Credit: Evil Erin
http://www.flickr.com/photos/evilerin/3216371508/

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