Saldi dello scorso anno – vedo in una vetrina un paio di pedule da montagna
di pelle marrone con i lacci rossi in sconto-scontissimo. “Cavoli, non ho mai
cagato la montagna. Che abbia qualcosa da insegnarmi anche lei?” Compro le
scarpe (quando mi ricapita un altro affare così?!) e m’immagino già a mangiar
spezzatino di capriolo in una baita sperduta nel bosco.
Venerdì sera (due giorni fa) – “Dolce metà, che ne dici domani di andare fare un
giro in montagna?" "Ok. Stavolta organizzo tutto io.”
Sabato mattina
- La dolce metà è dell'idea che la montagna sia per i mattinieri. La sveglia è perciò puntata sulle 6.45. "Mi raccomando, in piedi al primo trillo. E ricorda: per essere veloci basta lavorare in squadra".
Triiiiin. Mi alzo e mi fiondo in cucina; “arrivo subito” biascica lui. Passa un quarto d’ora e sono
ancora sola. Torno in camera. Lo spettacolo è disgustoso: fauci spalancate e un
rigagnolo di bava che gli scende verso il collo. Irritata, lo risveglio
strattonandolo senza pietà.
2 ore e 10 minuti più tardi: “Dai, dai. Muoviti, che forse per le 9 riusciamo a
essere fuori casa”.
Saliamo in macchina.
“Beh, direi che siamo stati
due fulmini a prepararci” e lui “Rilassati. Il posto è vicinissimo,
massimo 50 minuti di strada”.
50 minuti? Sì, i primi. Passati quelli ci siamo persi.
Cerco di sporgermi dal finestrino per domandare indicazioni, lui accelera sgommando. Chiedere informazioni? Giammai!
Alla fine troviamo il posto. Parcheggiamo e riusciamo a imboccare il sentiero per le 11. “Vabbè, siamo ancora pienamente in orario”.
Alle 11.30 circa qualcosa non
torna. Facciamo dietrofront. Abbiamo imboccato il sentiero
nella direzione opposta. “Non guardarmi così. Non è colpa mia se non abbiamo la
strumentazione giusta. Prova tu a orientarti senza cartina, sono fin troppo bravo”
“Beh, anche avessimo la cartina , secondo te, saremmo
capaci di leggerla?!”.
Imbocchiamo il sentiero. Solo a questo punto mi
pongo qualche domanda. “Ma scusa, come hai fatto a capire che avevamo sbagliato
percorso?” “Abbiamo incrociato troppe donne”.
Viva i pregiudizi.
Generalmente i
sentieri che amo io sono quelli dolci e panoramici, che contemplano la visita a
qualche malga. Ero stata avvertita che non avremmo incontrato alcun rifugio
lungo il sentiero, ma avevo interpretato la notizia fiduciosamente:
probabilmente avremmo esplorato un posticino riservato e rilassante.
Ah-ah. Nulla di più
sbagliato. Pensavo anche che per camminare fosse sufficiente stare in posizione eretta. Bene, ho scoperto che non è così. Ho dovuto utilizzare ogni parte del corpo: di mani, piedi, ginocchia e avambracci non ce n'era mai abbastanza.
Passando un “salto
roccioso” finiamo in un “ghiaione” (termini fino allora sconosciuti), che altro non è che una distesa quasi verticale di sassi.
Incrociamo un nonno con il
nipote di 8 anni (ma poteva tranquillamente avercene anche 6 o 11).
Rassicurata penso “ah, bene, se c’è un bambino vuol dire che è fattibile”. Il
bambino è stranamente legato con una corda dietro al nonno e ha uno sguardo
dolorosamente abbacchiato. Il nonno ci fa un cenno. Lo raggiungiamo e gli chiedo
“Ma com’è sto sentiero? E’ adatto a una la cui massima impresa
sportiva è fare una lezione di zumba e una di step attaccate?” “Nessun problema.
L’ho già percorso, oramai molti anni fa, ma è fattibilissimo” e poi aggiunge “Sapete
per caso dove porta?” …oddio, pensavo fosse lui l’esperto. Allarmata, ho immaginato che la mamma del bimbo fosse all'oscuro di tutto, anzi, probabilmente convinta che suo figlio fosse
in gita col nonno a mangiare panna cotta con i mirtilli guardando le mucche.
Ci lasciano passare e
ripartiamo. Ogni passo genera una piccola frana di sassi.
Arriviamo a un bivio. A SINISTRA dice “sentiero 106 ALPINISTICO” e a DESTRA “sentiero 5”. Dolce metà consulta i suoi appunti sul cellulare e dice “Qualcosa non torna. Dovremmo prendere il sentiero 106 ma dovrebbe essere sulla destra. Ha più valore la direzione o il numero?” “…..” (non ho la forza di pensare, figuriamo rispondere). Si risponde da solo “Il numero! Andiamo a sinistra”. Ah-ah. Il ghiaione si fa quasi verticale. Arriviamo su una specie di guglia e il sentiero corre sulla sua cresta. Sulla sinistra c’è lo strapiombo. Esasperata, insulto pesantemente la mia guida-alpina-dei-poveri e lo informo che non ho intenzione di fare un passo di più.
Arriviamo a un bivio. A SINISTRA dice “sentiero 106 ALPINISTICO” e a DESTRA “sentiero 5”. Dolce metà consulta i suoi appunti sul cellulare e dice “Qualcosa non torna. Dovremmo prendere il sentiero 106 ma dovrebbe essere sulla destra. Ha più valore la direzione o il numero?” “…..” (non ho la forza di pensare, figuriamo rispondere). Si risponde da solo “Il numero! Andiamo a sinistra”. Ah-ah. Il ghiaione si fa quasi verticale. Arriviamo su una specie di guglia e il sentiero corre sulla sua cresta. Sulla sinistra c’è lo strapiombo. Esasperata, insulto pesantemente la mia guida-alpina-dei-poveri e lo informo che non ho intenzione di fare un passo di più.
Non devo insistere molto: l’incertezza
la vedo anche nei suoi occhi "Dannazione. Non dovevo fidarmi delle indicazioni di quel mitomane" Non indago. Facciamo dietrofront e torniamo al bivio.
Scendendo guido io la fila. “Scansatiiii”,
sento a un certo punto. Faccio un balzo di lato (peraltro sensuale, ma che altro può fare
una ballerina di zumba?!) e un roccione mi schizza di fianco a velocità
fotonica. Ora ho veramente paura. “Basta, basta. Andiamo via” “ E non vuoi
neanche mangiare? Sono quasi le 2!” “…mmmh, ok. Ma veloci!” Addentiamo i nostri panini
neri ai 7 cereali con salmone e verdure marinate in salsa di yogurt e erbette,
seguiti da muffin di datteri con mou di latte di cocco (no comment. E’ nei
momenti drammatici che capisci di essere ridicolo) e, finalmente, ripercorriamo
in senso contrario il percorso. Dolce metà è divorato dai sensi di colpa “Scusami,
scusami”.
Quasi fossero stati mandati per spezzare l’aria e incantarci con la loro leggiadria, avvistiamo due camosci, mamma e figliolo. Non faccio in tempo a dire “caaari” che la mamma comincia a soffiarmi minacciosa.
Quasi fossero stati mandati per spezzare l’aria e incantarci con la loro leggiadria, avvistiamo due camosci, mamma e figliolo. Non faccio in tempo a dire “caaari” che la mamma comincia a soffiarmi minacciosa.
Scappiamo via. 2 ore dopo, a
100 metri dalla macchina, il piede destro si inciampa con il sinistro e cado
rovinosamente a terra. Per il prossimo mese, se metto le gonne, ho una rete di
crosticine sulla gamba sinistra.
Saliamo in macchina
sfiniti. Dolce metà è particolarmente
affettuoso.
Mi confessa di avere avuto una visione mentre eravamo
sul ghiaione: si è visto inginocchiato al mio capezzale, a versare acqua
gasata (ci piace così) sulla mia testa parzialmente lacerata (e sfregolante di bollicine di
anidride carbonica) in attesa dell’elicottero dei soccorritori.
“Mi perdoni?”
“Mmm”
“E se ti prometto che non ti
porto mai più in un ghiaione?”
“Mmm”
“E se domani mattina ti
faccio i pancake?”
“Con la nutella?”
“Sì”
“Ok”
Photo credit: [martin]
http://www.flickr.com/photos/mbiskoping/
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