lunedì 5 agosto 2013

La montagna non perdona. Soprattutto i "montanari" del sabato pomeriggio



Saldi dello scorso anno – vedo in una vetrina un paio di pedule da montagna di pelle marrone con i lacci rossi in sconto-scontissimo. “Cavoli, non ho mai cagato la montagna. Che abbia qualcosa da insegnarmi anche lei?” Compro le scarpe (quando mi ricapita un altro affare così?!) e m’immagino già a mangiar spezzatino di capriolo in una baita sperduta nel bosco.

Venerdì sera (due giorni fa) – “Dolce metà, che ne dici domani di andare fare un giro in montagna?" "Ok. Stavolta organizzo tutto io.”
Sabato mattina - La dolce metà è dell'idea che la montagna sia per i mattinieri. La sveglia è perciò puntata sulle 6.45.  "Mi raccomando, in piedi al primo trillo. E ricorda: per essere veloci basta lavorare in squadra".
Triiiiin. Mi alzo e mi fiondo in cucina; “arrivo subito” biascica lui. Passa un quarto d’ora e sono ancora sola. Torno in camera. Lo spettacolo è disgustoso: fauci spalancate e un rigagnolo di bava che gli scende verso il collo. Irritata, lo risveglio strattonandolo senza pietà.
2 ore e 10 minuti più tardi: “Dai, dai. Muoviti, che forse per le 9 riusciamo a essere fuori casa”.

Saliamo in macchina. 
“Beh, direi che siamo stati due fulmini a prepararci” e lui “Rilassati. Il posto è vicinissimo, massimo 50 minuti di strada”. 
50 minuti? Sì, i primi. Passati quelli ci siamo persi. 
Cerco di sporgermi dal finestrino per domandare indicazioni, lui accelera sgommando. Chiedere informazioni? Giammai!

Alla fine troviamo il posto. Parcheggiamo e riusciamo a imboccare il sentiero per le 11. “Vabbè, siamo ancora pienamente in orario”.
Alle 11.30 circa qualcosa non torna. Facciamo dietrofront. Abbiamo imboccato il sentiero nella direzione opposta. “Non guardarmi così. Non è colpa mia se non abbiamo la strumentazione giusta. Prova tu a orientarti senza cartina, sono fin troppo bravo” “Beh, anche avessimo la cartina , secondo te, saremmo capaci di leggerla?!”.
Imbocchiamo il sentiero. Solo a questo punto mi pongo qualche domanda. “Ma scusa, come hai fatto a capire che avevamo sbagliato percorso?” “Abbiamo incrociato troppe donne”.
Viva i pregiudizi.

Generalmente i sentieri che amo io sono quelli dolci e panoramici, che contemplano la visita a qualche malga. Ero stata avvertita che non avremmo incontrato alcun rifugio lungo il sentiero, ma avevo interpretato la notizia fiduciosamente: probabilmente avremmo esplorato un posticino riservato e rilassante.
Ah-ah. Nulla di più sbagliato. Pensavo anche che per camminare fosse sufficiente stare in posizione eretta. Bene, ho scoperto che non è così. Ho dovuto utilizzare ogni parte del corpo: di mani, piedi, ginocchia e avambracci non ce n'era mai abbastanza.

Passando un “salto roccioso” finiamo in un “ghiaione” (termini fino allora sconosciuti), che altro non è che una distesa quasi verticale di sassi.
Incrociamo un nonno con il nipote di 8 anni (ma poteva tranquillamente avercene anche 6 o 11). Rassicurata penso “ah, bene, se c’è un bambino vuol dire che è fattibile”.  Il bambino è stranamente legato con una corda dietro al nonno e ha uno sguardo dolorosamente abbacchiato. Il nonno ci fa un cenno. Lo raggiungiamo e gli chiedo “Ma com’è sto sentiero? E’ adatto a una la cui massima impresa sportiva è fare una lezione di zumba e una di step attaccate?” “Nessun problema. L’ho già percorso, oramai molti anni fa, ma è fattibilissimo” e poi aggiunge “Sapete per caso dove porta?” …oddio, pensavo fosse lui l’esperto. Allarmata, ho immaginato che la mamma del bimbo fosse all'oscuro di tutto, anzi, probabilmente convinta che suo figlio fosse in gita col nonno a mangiare panna cotta con i mirtilli guardando le mucche.
Ci lasciano passare e ripartiamo. Ogni passo genera una piccola frana di sassi.
Arriviamo a un bivio. A SINISTRA dice “sentiero 106 ALPINISTICO” e a DESTRA “sentiero 5”. Dolce metà consulta i suoi appunti sul cellulare e dice “Qualcosa non torna. Dovremmo prendere il sentiero 106 ma dovrebbe essere sulla destra. Ha più valore la direzione o il numero?” “…..” (non ho la forza di pensare, figuriamo rispondere). Si risponde da solo “Il numero! Andiamo a sinistra”. Ah-ah. Il ghiaione si fa quasi verticale. Arriviamo su una specie di guglia e il sentiero corre sulla sua cresta. Sulla sinistra c’è lo strapiombo. Esasperata, insulto pesantemente la mia guida-alpina-dei-poveri e lo informo che non ho intenzione di fare un passo di più.
Non devo insistere molto: l’incertezza la vedo anche nei suoi occhi "Dannazione. Non dovevo fidarmi delle indicazioni di quel mitomane" Non indago. Facciamo dietrofront e torniamo al bivio.
Scendendo guido io la fila. “Scansatiiii”, sento a un certo punto. Faccio un balzo di lato (peraltro sensuale, ma che altro può fare una ballerina di zumba?!) e un roccione mi schizza di fianco a velocità fotonica. Ora ho veramente paura. “Basta, basta. Andiamo via” “ E non vuoi neanche mangiare? Sono quasi le 2!” “…mmmh, ok. Ma veloci!” Addentiamo i nostri panini neri ai 7 cereali con salmone e verdure marinate in salsa di yogurt e erbette, seguiti da muffin di datteri con mou di latte di cocco (no comment. E’ nei momenti drammatici che capisci di essere ridicolo) e, finalmente, ripercorriamo in senso contrario il percorso. Dolce metà è divorato dai sensi di colpa “Scusami, scusami”. 
Quasi fossero stati mandati per spezzare l’aria e incantarci con la loro leggiadria, avvistiamo due camosci, mamma e figliolo. Non faccio in tempo a dire “caaari” che la mamma comincia a soffiarmi minacciosa.
Scappiamo via. 2 ore dopo, a 100 metri dalla macchina, il piede destro si inciampa con il sinistro e cado rovinosamente a terra. Per il prossimo mese, se metto le gonne, ho una rete di crosticine sulla gamba sinistra.
Saliamo in macchina sfiniti. Dolce metà è particolarmente affettuoso. 
Mi confessa di avere avuto una visione mentre eravamo sul ghiaione: si è visto inginocchiato al mio capezzale, a versare acqua gasata (ci piace così) sulla mia testa parzialmente lacerata (e sfregolante di bollicine di anidride carbonica) in attesa dell’elicottero dei soccorritori.
“Mi perdoni?”
“Mmm” 
“E se ti prometto che non ti porto mai più in un ghiaione?”
“Mmm”
“E se domani mattina ti faccio i pancake?”
“Con la nutella?”
“Sì”
“Ok”


 Photo credit: [martin]
http://www.flickr.com/photos/mbiskoping/

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